Spunti di riflessione
San Francisco era inizialmente un borgo di pescatori prima di diventare una città; come Cannes e Taormina. E’ logico che ogni località sul mare sia nata per sostentarsi con la pesca, così come i borghi dell’interno lo facevano con l’agricoltura e l’allevamento. Successivamente è stato il commercio che ha favorito lo sviluppo delle città sul mare, che diventano in alcuni periodi storici città economicamente più ricche di quelle dell’interno. L’ultima trasformazione di questi centri costieri è stata causata dal turismo. L’Ottocento trasforma e sviluppa realtà sulla costa lungo tutto il litorale europeo. Con i nostri cronici ritardi anche in Sardegna si sviluppano piccoli centri balneari sino all’esplosione della Costa Smeralda che causa una reazione a catena su tutte le coste sarde, da nord a sud, particolarmente promosse da imprenditori non sardi. Dopo le miniere e le foreste la Sardegna diventa terra di conquista per il turismo. Club Mediterranèe, Forte Village, Porto Rotondo, Valtur…Con un ritardo cronico adesso anche Siniscola vuole recuperare il gap storico con le altre realtà turistiche e lo fa non a piccoli passi ma direttamente con la fondazione di un vero e proprio new village all’interno della frazione di S.Lucia: 4 hotel con 1500 posti letto, ossia un numero che ne raddoppierebbe la ricettività turistica. Logica la causa che spinge a tale scelta: attività che creerebbero nuovi posti di lavoro, stagionali, e, aumentando il numero dei turisti, maggiori entrate ai servizi commerciali esistenti. A quale prezzo?
Con il taglio di qualche decina di pini non ancora secolari. Sarebbe un sacrificio compensato da una rivitalizzazione del borgo ed un allineamento ad altre realtà turistiche costiere più sviluppate. Globalizzazione del turismo dettata più che dall’effettivo desiderio di benessere dall’emulazione degli altri, all’inseguimento di miti che oltre il consumo portano ben poco. E’ vero che si parla di soldi, ma vale la pena il sacrificio degli alberi che hanno sinora salvaguardato Santa Lucia dalla speculazione, dalle brutture urbanistiche e architettoniche? Il mio non è un discorso ambientalista o protezionista, ma semplicemente propositivo per una riflessione a proposito. Non si può infatti stravolgere così radicalmente una realtà che ha una sua identità che ne fa un borgo amato, ricercato e invidiato. (l’altra faccia della medaglia è La Caletta). Sono infatti contrario totalmente alle ubicazioni prescelte per tali interventi senza tener conto di alternative che possono valorizzare S. Lucia senza il taglio di una parte della pineta e soprattutto senza congestionarla, violentando così la sua anima.
Gli alberghi previsti all’interno della borgata con i relativi servizi stravolgerebbero infatti l’attuale equilibrio tra alberi, case, strade e vuoti trasformandolo in una cementificazione contornata da quegli spazi su cui stazioneranno centinaia di auto.
Propongo pertanto che vengano analizzate alternative di sviluppo meno dolorose, ma che potrebbero potenziare la borgata senza una vera e propria destabilizzazione. Troppo semplicistica mi sembra questa pianificazione che non è il gioco del Monopoli con l’acquisto degli alberghi e la loro ubicazione ripartita qua e là. Lo sviluppo turistico di una qualsiasi località deve essere infatti sempre differenziato, proprio per il rispetto della propria peculiarità. E’ giusto aumentare la ricettività di Santa Lucia per permettere a chiunque di apprezzarne la tranquillità e il carattere, ma ciò va fatto salvaguardandola con la stessa sensibilità che sinora l’ha contraddistinta. Altrimenti non sarà più Santa Lucia di Siniscola ma l’ennesimo villaggio che vive due mesi all’anno. Ricordandoci che siamo nella fascia dei 300 metri e non possiamo equiparare S. Lucia ad Alghero o Cagliari dove si parla di zona A per i residenti e non per turisti. La pineta è stata per oltre 50 anni la protezione; sarebbe un errore eliminarla. Questo aspetto riguarda non solo la popolazione di Siniscola, ma anche tutti quei cittadini, residenti stagionali e non, che hanno sempre amato la semplicità e austerità della borgata. Non passiamo dal sonno all’incubo o meglio all’incremento spropositato delle cubature.
Non ignoriamo l’art. 9 della Costituzione italiana che dice che la Repubblica tutela il paesaggio; se ciò non è insito nelle menti di chi ci amministra è bene che sia sempre presente in noi cittadini.
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Quando ci si immette nell’ultimo bivio per Santa Lucia si tira un sospiro prima di immergersi nel viale che si chiude sempre più con i pini marittimi piantumati negli anni Trenta.
Qualche dosso creato dalla forza delle radici dei pini e degli eucaliptus ci invita a rallentare.
Dopo il primo camping, il primo manufatto che si incontra è un rudere, ossia una casupola che nell’infanzia era la “dogana” di S. Lucia. Diroccato da più di 50 anni. Finalmente si arriva al centro, dove si può abbandonare l’auto e raggiungere in alcuni minuti qualsiasi angolo: la spiaggia grande, la torre, i vari bar costellati attorno a quello storico di Agnese, la spiaggia delle barche. Tutti luoghi contornati e protetti dalla pineta. Nella passeggiata non possiamo certo essere attratti dall’architettura. Esclusa l’austera chiesetta e la modesta torre siamo infatti preda di un’edilizia disorganica, sovrapposta da tanti stili e materiali. Quasi un abaco di disomogeneità urbanistica e di materiali da non usare: l’onnipresente alluminio, causa del degrado di tanti centri storici, case prive di intonaco, di tamponatura e talvolta anche del tetto, in totale abbandono. Una su tutte spicca con il rosso dei mattoni privi di intonaco e tinteggiatura. Ma vi sono anche esempi di architettura finita degli anni Sessanta che offendono la torre aragonese. Senza dimenticare l’arredo urbano: una colata di mattoni pieni corrosi dalla salsedine ed un parapetto massiccio che impedisce la vista del mare, un tempo visibile grazie ad una muratura alternata da una ringhiera metallica. Ma ciò non vuol dire un paese degradato, ma al contrario paese autentico che ha trasformato l’originale fisionomia di borgo di pescatori a borgo turistico ad origine controllata. Ossia grazie alla Pineta è stato risparmiato l’effetto domino post Costa Smeralda, ossia la moltiplicazione di seconde case e villaggi da usare tra luglio e agosto. Veri paesi fantasmi. S. Lucia ha evitato questo fenomeno in quanto la proporzione tra abitanti residenti e stagionali è minima. Solo i 2 campeggi permettono in estate, in simbiosi con i pini, cioè rispettandoli, l’afflusso di migliaia di turisti, estasiati dall’autenticità del sito. Infatti seppur priva di omogeneità, “congruità” dei materiali e uniformità dello skyline. S. Lucia appare come qualcosa di naturale, semplice e genuino. Attributi dimenticati o calpestati che hanno permesso la cementificazione di vari tratti di costa, alterando irreversibilmente alcuni siti. Non dobbiamo essere timorosi ad usare questo termine, ma quando violiamo un luogo che vive 12 mesi all’anno, lo abbattiamo per sostituirlo con qualcosa che vive solo 2 mesi all’anno, allora stiamo distruggendo qualcosa che ha caratterizzato S. Lucia per 75 anni e che adesso spetta a noi proteggere. Attenzione alla “riqualificazione integrale, per garantire accessibilità, fruibilità, adeguata dotazione di servizi e qualità urbana e ambientale”. Attenzione al “privilegiare le sistemazioni che valorizzino l’ambiente naturale e il paesaggio”. Attenzione alla ”riconversione dell’attività esistente (campeggio Mandragola) in attività alberghiera.
Sono del parere che la prima riqualificazione da attuare sia quella dei politici e dei tecnici che devono pianificare e salvaguardare i beni di tutti e tra questi la pineta di S. Lucia ne è l’anima.
Ricordando che quanto su scritto non è un appello al non costruire, ma al come costruire. L’obbiettivo dell’aumento dell’offerta turistica è possibile anche in altre zone limitrofe.
Domenico Canu
Frequentando da anni i vostri posti posso dire che il comune di Siniscola avrebbe molto da fare a riqualificare sia Siniscola che la Caletta, e riqualificare non significa cementificare. Purtroppo ogni anno che passa, anzichè migliorare l’esistente, si aumenta il numero di edifici. Quando si riuscirà a capire che la vera ricchezza per il futuro (nostro ma soprattutto delle generazioni a venire) è nel miglioramento dell’esistente e non del svilimento?